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Il Ballo della Distruzione
È incredibile vedere persone che, senza rendersene conto, ballano accanto a chi da anni sottrae risorse al Sud per destinarle alle città più ricche, lasciando indietro proprio i più fragili. È un ballo silenzioso, inconsapevole, che rischia di accompagnare la distruzione di Napoli e dell’intero Mezzogiorno.
Che popolo siamo diventati, se accogliamo con leggerezza chi porta idee che dividono, che classificano, che considerano alcuni esseri umani più degni di altri? Chi sostiene politiche che rischiano di privare i nostri cari di cure mediche, di lavoro, di investimenti per un futuro migliore? L’autonomia differenziata non è un dettaglio tecnico: è un progetto che allargherà le distanze, confermerà ingiustizie, trasformando la povertà in colpa.
È davvero questo ciò che meritiamo? È questo ciò che vogliamo consegnare alle future generazioni? Un Paese in cui chi si ammala deve sperare di avere abbastanza soldi, abbastanza fortuna, abbastanza forza per non essere privato della dignità ed essere considerato spazzatura senza valore, da lasciare marcire per strada? Un Paese in cui i ricchi diventano più ricchi e i deboli vengono ignorati?
La storia ci ha già mostrato cosa accade quando il fascismo, il totalitarismo e l’indifferenza avanzano insieme. Quando si smette di guardare negli occhi chi soffre e si accetta che qualcuno valga meno. Quando si applaude chi divide, invece di abbracciare chi cade.
Oggi, mentre qualcuno ride e festeggia, crede forse che il Sud non ricordi lo schifo subito, quello che continua a subire, o quello che rischia con nuove politiche che aumentano le distanze. Ma questo non è il momento di ballare: è il momento di svegliarsi.
Il vero popolo del Sud, quello che ha affrontato guerre, miseria, terremoti e pregiudizi, non si svende e non si inginocchia. Non esalta chi vuole spaccare il Paese in due. Non confonde musica e festa con la perdita dei propri diritti.
Il ballo della distruzione si può ancora fermare. Basta scegliere di aprire gli occhi. Basta ricordarsi chi siamo e cosa abbiamo vissuto. Basta dire no a chi vorrebbe decidere chi merita cure, dignità, futuro.
Il Sud non deve essere spettatore della propria rovina. Deve essere voce, resistenza, memoria. E soprattutto: umanità.
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